MdG Museo del Gioiello nuovo biennio. La sintassi del Gioiello.

Giampiero Bodino. Choker, Rosa dei Venti, 2013..
Spinello rosso, smeraldo, zaffiri blu, zaffiro giallo, ametista, diamanti, oro rosa. 36 x 4 cm.
Pezzo unico. Ph. Silvia Valenti.

"CARO VISITATORE, che cosa è per te un gioiello? Un'espressione di ricchezza o di creatività? Un simbolo di status o di bellezza? Un investimento? Un accessorio? E' artigianato, moda, arte o design? Pensaci un attimo per favore...

La visita al Museo del Gioiello sta per introdurti a significati e valori del gioiello cui forse non avevi mai pensato; gioielli che ti sorprenderanno, ti incuriosiranno e, spero, ti faranno venire voglia di ritornare per scoprire dettagli sempre nuovi.

Non esiste il gioiello, universale e unico, ma diverse concezioni di gioiello, legate al tempo, alla cultura, al gusto, in sintesi: alla storia dell'uomo.

Siamo felici di presentarteli...
Benvenuto!
Alba Cappellieri
Direttore del Museo del Gioiello di Vicenza"
Lasciate  ogni pregiudizio o voi che entrate, penso, sulle note delle immortali parole di Dante.
Infatti, lo stupefacente Choker di Bodino e l'introduzione di Alba Cappellieri salutano il visitatore del Museo del Gioiello di Vicenza, mentre lo indirizzano a un nuovo fascinoso percorso da godersi (come per il precedente biennio) con mente aperta e grande interesse. 
La natura del blog mi impedirà di presentarvi un articolo come quello che scrissi per Art Jewellery Forum per la prima inaugurazione. Qui vi racconterò le nove stanze attraverso i gioielli che in esse più mi hanno colpita.



Corona della Madonna di Monte Berico. Vicenza, 1900.
Oro, oro bianco (metà oro, metà argento), diamanti, peridoto, ametista, rubini, zaffiri, perle, pietre colorate.
Ø 26 cm x h 34 cm. Comunità dei Frati dei Servi di Maria di Monte Berico. Ph. Silvia Valenti

Sala SIMBOLO.
La Corona della Madonna di Monte Berico mozza il fiato ed è espressione di altissima artigianalità. È impossibile non apprezzarne la manifattura, il significato, la grana preziosa, ma è anche plausibile guardarla con un certo sospetto per la sua indiscussa sostanza di simbolo del passato. Allora perché non affiancarle un oggetto metafora della contemporaneità? Glenn Adamson, direttore del MAD di New York, accosta allo sfarzoso pezzo del 1900 la Cardboard Crown (2015, oro 18k) di David Bielander. Così, fedele al progetto museale, costruisce un ideale ponte tra tradizione e innovazione (anche concettuale).



Madhya Pradesh, India, fine XIX secolo. Bronzo, fusione piena. 10 cm.
Collezione Roberta Ceolin. Fonte immagine: www.museodelgioiello.it.

Sala MAGIA.
L'antropologa Maria Cristina del Mare ha avuto il compito di iniziarci alla magia di talismani che proteggono e ben augurano. Grandissima la forza di questo bracciale fuso a cera persa in bronzo ed emblema di fertile abbondanza.



Natsuko ToyofukuLorgnette,
Milano, 2015.
Argento, vetro. 8,5 x 5 cm.
Collezione dell'autore.
Ph. Silvia Valenti.

Sala FUNZIONE.
Moltissimi nel corso dei secoli sono stati i gioielli che avevano una reale utilità e che, contestualmente, fungevano da segni distintivi dello status sociale di chi li possedeva. Alessandra Possamai Vita, storica dell'arte e curatrice, fa fare all'osservatore un viaggio lungo centinaia di anni, mettendo in scena pezzi straordinari. Di certo oggi non ci adorniamo i capelli con pettini cesellati, pochi sono ormai gli uomini che usano i copribottoni, i gemelli o sfoggiano fieri i segni della massoneria...  La mia curiosità si è appuntata sulle lorgnette di Natsuko Toyofuku (una in bronzo, l'altra in argento). Che cos'è una lorgnette? Fondamentalmente una lente. Un occhialino mono o bilente che si portava al collo per comodità. Perché non farne un pendente? 



JAR. Clip, Fresia, Parigi, 2010. Oro giallo, argento, bronzo, diamanti.
Piccola 13 x 10 x 5 cm; grande 14 x 13 x 6 cm.
Collezione di New York. Ph. Silvia Valenti.

Sala BELLEZZA.
Nicolas Bos, Presidente CEO Van Cleef and Arpels, ha invece offerto una selezione di pezzi mozzafiato, tutti ispirati alla natura. Sono tornata più volte ad osservare la lunga teca che contiene immensi capolavori di alta gioielleria (Lalique, Cartier, Tiffany e Boucheron per dirne alcuni) e ho continuato a soffermarmi sulle clip di JAR. Di pezzi eccezionali ce ne sono tantissimi, ma questi mi attraggono per quella inusitata commistione tra i fiori in pavé di diamanti montati su argento brunito e i gambi in bronzo ossidato che richiamano un linguaggio antico e contemporaneo insieme. 



Alexander Calder. Spilla, Butterfly, 1940. Ottone. Collezione famiglia Makler. Ph. Silvia Valenti.

Sala ARTE.
Da qui in poi, fatta eccezione per la sala Icone, il visitatore deve lasciarsi alle spalle i preconcetti. Come succede per ogni tipo d'arte anche il gioiello si evolve, diviene figlio dei tempi, si fa portavoce di ideologie e si trasforma abbandonando il sicuro involucro che lo rendeva comprensibile e manifesto a tutti. Si presenta sotto molteplici aspetti e cambia volto anche in base alla nazionalità dei suoi artefici. Helen Drutt English, critica e collezionista, ci presenta opere di artisti che vivono o hanno vissuto e lavorato in America, respirandone quindi le atmosfere (i pezzi presenti coprono un range che va dal 1945 al 2016). Tra tutti ho scelto la Farfalla di Alexander Calder. Egli, pur non essendo un orafo, ha saputo interpretare e fare propri i concetti di movimento, libertà e gioco che un ornamento dovrebbe sempre esprimere.




Stephen Jones. Cappello, Regno Unito, 2004. Rafia, veletta.
Associazione Culturale Anna Piaggi.
Hav-A-Hank. Bandana, USA, 1990. Cotone.
Associazione Culturale Anna Piaggi.
Vivienne Westwood. Giacca, gonna, Regno Unito. 1986. Cotone.
Associazione Culturale Anna Piaggi.
Dolce & Gabbana. Top, Italia, 1996. Seta, pizzo.
Associazione Culturale Anna Piaggi.
Dolce & Gabbana. Collana, Italia, 1996. Plastica, metallo.
Associazione Culturale Anna Piaggi.
Ph. Silvia Valenti. Nella foto il curatore Stefano Piaggi.

Sala MODA.
"Anna lavorava con gli abiti come i pittori con i tubetti di colore. Tra un secolo a nessuno importerà nulla della moda commerciale: vorranno sapere invece chi era quella donna."
Bill Cunningham, fotografo di moda, The New York Times.
In questa sala, grazie a Stefano Piaggi direttore dell'Archivio Anna Piaggi, va in scena un "cortometraggio" dedicato alla donna capace di influenzare con il suo stile irriverente il fashion-system internazionale. Celebre per i suoi abbigliamenti eccentrici, intima amica di stilisti come Karl Lagerfeld, Gianni Versace, Castelbajac, Manolo Blahnik, è stata testimone e fautrice del processo di
contaminazione tra arte, società e cultura che ha cambiato la moda e ne ha decretato il successo su scala globale. L'outfit Deep Sky che vi presento è solo una piccola sintesi dei pezzi esposti nelle teche.



Roberto Sambonet per Tiffany, New York. Bracciale Toi et moi, 1955. Argento. Ø 7 cm.
Ph. Archivio Roberto Sambonet Milano

Sala DESIGN.
Alba Cappellieri, Direttrice del Museo del Gioiello e professore ordinario di Design del Gioiello al Politecnico di Milano, in concerto con l'architetto Marco Romanelli ha declinato i grandi nomi del design italiano. Il bracciale di Sambonet rappresenta il loro dialogo (vedasi il Catalogo edito da Marsilio) dedicato alle connessioni tra arte e design, design e arte con il gioiello per fulcro. Progettualità e prodotto, mercato e nicchia... rappresentano l'annosa questione che ancora divide studiosi e orafi. Eppure la storia ci insegna che la contaminazione porta buoni frutti. Stupendo vedere accostato il pezzo di Ettore Sotsass del 1957 (per altro inedito finora) con uno, sempre suo, del 2002.



Alfredo Ravasco. Trousse à maquillage pendente, Milano. 1925 circa.
Oro bianco, malachite, onice, smalti, perle, brillanti.
11,5 x 4,8 cm. Collezione privata. Ph. Silvia Valenti.

Sala ICONE.
Anche qui il made in Italy spopola. La storica dell'arte Paola Venturelli ha scelto i gioielli in base alle tecniche di lavorazione e ai materiali. Parliamo di oggetti prodotti tra il 1400 e il 1932. Dunque in un tripudio di corallo, smalti, gemme, cammei e metalli preziosi, la curatrice ha inteso dare lustro all'eccellenza italiana. Esempio ne è la stupefacente trousse di Alfredo Ravasco "Resa nota nel 2003 (Venturelli 2003), la trousse a doppio scomparto interno, si collega tramite un nodo ovaliforme rivestito di perline al portarossetto. Dalle linee tra reminescenze liberty e geometrie déco fu presentata all'Exposition Internationale des Arts Décoratifs di Parigi del 1925." (cit. Mdg Gioiello &Jewellery, Marsilio, 2016)



Studio X - Lara Rettondini e Oscar Brito. Gioielli per testa-occhi, Chinese look. 2005 
Acciaio chirurgico inossidabile. 18 x 18 cm. Collezione dell'artista.
Fonte immagine: www.flicker.com

Sala FUTURO.
Maison Martin Margiela, Akiko Shinzato, Olga Noronha, Laureen Kalman, Sun Kyoung Kim... Ma sì spiazziamoci un po'! Beh, la prosthetic jewellery è una corrente ormai nota, eppure mi viene spontaneo faticare a percepirla come esternazione del gioiello. Questa è proprio la domanda che ho rivolto al designer Odo Fioravanti curatore della sezione. Mi ha giustamente risposto che senza sperimentazione il mondo si sarebbe fermato all'età della pietra! In effetti penso che sia necessario smettere di catalogare e combattere ciò che non ci è istintivamente comprensibile e iniziare invece ad avvicinarcisi, anche a piccoli passi. Perché dietro la ricerca, dietro l'azzardo, dietro il superamento dei limiti (che noi poniamo), c'è sempre l'homo faber!

Ringrazio


Alba Cappellieri per la sua proverbiale ospitalità e gentilezza.

Ringrazio i curatori che ho"disturbato" con le mie curiosità:
Maria Cristina del Mare
Alessandra Possamai Vita
Helen Drutt English
Stefano Piaggi
Marco Romanelli
Paola Venturelli

Rimando i curiosi al sito del Museo caldeggiando fortemente una visita e l'acquisto del catalogo edito da Marsilio (strumento fondamentale per approfondire i contenuti dell'esposizione)!

Comunico ai gentili lettori che le didascalie delle foto sono tratte dal catalogo della mostra.

Qui per saperne di più su di me.




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